mercoledì 25 marzo 2015

L'esperienza del destinatario incide sulla sua paura

Come abbiamo visto, esistono differenze individuali negli effetti che threat appeal e fear appeal esercitano sulla persuasività del messaggio: a seconda del tipo di destinatario al quale il messaggio si rivolge, esso può risultare più o meno persuasivo. Fino ad ora abbiamo parlato del livello dell'autoefficacia, concludendo che le pubblicità che fanno appello alla paura risultano tanto più persuasive quanto più il fruitore si percepisce capace di fronteggiare la minaccia. La psicologia ci insegna che esistono ulteriori caratteristiche individuali che influenzano gli effetti di un messaggio minaccioso. Una di queste è l'esperienza che il fruitore ha fatto del comportamento dal quale il messaggio lo mette in guardia. Ce ne parla una ricerca pubblicata da Accident Analysis and Prevention

Come suggerisce la foto, gli Autori -Cauberghe, Pelsmacker, Janssens e Dens- (2009) intendono fornire un contributo teorico al tema dell'eccesso di velocità, oggi problema sociale di grande rilievo. Per questo motivo si pongono l'obiettivo di rendere il più possibile efficaci le pubblicità di prevenzione contro l'eccesso di velocità. A tal fine indagano il ruolo dell'esperienza di una guida veloce nel processo persuasivo di messaggi minacciosi. I risultati della ricerca sono i seguenti:
  1. Le esperienze di velocità alla guida portano a un atteggiamento maggiormente positivo nei confronti dell'eccesso di velocità e a un'elevata intenzione verso quest'ultimo. Ovvero: esperienza del comportamento pericoloso -> atteggiamento e intenzione più positivi verso tale comportamento.
  2. Facendo riferimento alla teoria della motivazione alla protezione di Rogers (spiegata nel post "Raccomandare una risposta efficace al problema"), le esperienze di velocità alla guida portano il soggetto a percepire di meno la gravità della minaccia e la probabilità che essa si verifichi nella realtà, con una conseguente minore paura evocata. Questo significa che una persona che abbia sperimentato l'eccesso di velocità si spaventerà di meno di fronte a un messaggio minaccioso su tale tema rispetto a chi non ne abbia fatto esperienza: esperienza del comportamento pericoloso -> bassi livelli di paura evocata.
Questi risultati diventano chiari se si pensa che l'esperienza diretta ha un certo impatto sulla possibilità di modificare l'atteggiamento: chi fa esperienza diretta di un comportamento esprime un atteggiamento più stabile, ovvero più resistente a messaggi contro-attitudinali. Questo accade innanzitutto perchè l'esperienza diretta fornisce più informazioni rispetto all'esperienza indiretta (cioè riportata da terzi) e gli atteggiamenti che ne derivano si fonderanno su una robusta base informativa; in secondo luogo fare esperienza di un comportamento porta il soggetto ad avere un più facile accesso in memoria dell'atteggiamento appreso. 
Quanto detto mostra l'importanza di usare l'emozione della paura calibrandola sul destinatario, in modo da concepire comunicazioni mirate a specifici segmenti di popolazione. Prima di conferire a una pubblicità i toni minacciosi necessari a suscitare paura, bisogna ragionare sul tipo di destinatario al quale si rivolge e porsi la seguente domanda: che esperienza ha il fruitore del comportamento dal quale lo intendo dissuadere?

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Caunerghe, V., De Pelsmacker, P., Jenssens, W., e Dens, D. (2009). Fear, threat and efficacy in threat appeals: message involvement as a key mediator to message acceptance. Accident Analysis and Prevention, 41, pp. 276-285.
- Cavazza, N. (2006). La persuasione. Bologna: Il Mulino.

lunedì 16 marzo 2015

Una ricerca sull'autoefficacia del destinatario

Il precedente post ha messo in rilievo l'importanza dell'autoefficacia del destinatario del messaggio; approfondiamo questo tema attraverso una ricerca pubblicata da Basic and Applied Social Psychology!
Gli Autori -van't Riet, Ruiter, Smerecnik e De Vries- (2010) intendono indagare l'influenza dell'autoefficacia in combinazione con il tipo di frame della comunicazione sulla persuasività di messaggi di promozione della salute. A questo riguardo è utile introdurre il concetto di frame: il frame è la cornice interpretativa con cui viene proposto un messaggio. Generalmente i messaggi che promuovono comportamenti salutari si caratterizzano per due tipologie di frame: il frame di guadagno, che sottolinea i benefici derivati dall'impegno speso in un comportamento salutare, e il frame di perdita, che enfatizza i costi del fallimento di tale impegno. I messaggi che utilizzano un frame di perdita fanno appello al threat appeal e al fear appeal poichè, minacciando il soggetto di incorrere in spiacevoli conseguenze nel caso di comportamenti non salutari, fanno leva sulla sua paura. Facendo riferimento a quanto spiegato nel precedente post, ci si aspetta che i messaggi con frame di perdita siano più persuasivi dei messaggi con frame di guadagno, ma solo per quei destinatari che vantano un elevato livello di autoefficacia, ossia che confidano nelle proprie capacità di fronteggiare la minaccia. Sinteticamente: frame di perdita + alta autoefficacia = persuasività del messaggio. L'esperimento condotto da questi ricercatori lo dimostra!


Lo scopo ultimo di van't Riet, Ruiter, Smerecnik e De Vriesu (2010) è stato rendere il più possibile persuasive le pubblicità di prevenzione che promuovono una dieta a basso consumo di sale, poichè un suo eccessivo uso può causare ipertensione, una delle maggiori cause delle patologie cardiovascolari. Da qui, la foto che ritrae un pomodoro -verdura che da sempre riempie le nostre tavole- inondato da una ricca manciata di sale! 
L'esperimento condotto dagli Autori è consistito nel sottoporre a un campione di 575 soggetti un messaggio che li persuadesse a ridurre il loro consumo di sale. Alla prima metà del campione è stato fatto leggere un testo caratterizzato da un frame di guadagno (esempio: "Ridurre il consumo di sale è il modo migliore per prevenire l'ipertensione."); alla seconda metà il medesimo testo ma con frame di perdita (esempio: "Un alto consumo di sale è la causa principale dell'ipertensione."). Questa procedura è stata preceduta dalla manipolazione dell'autoefficacia di circa metà dei partecipanti: a questi ultimi è stato fatto leggere un testo volto ad aumentare la loro percezione di potere eseguire adeguatamente una dieta a basso consumo di sale (sono stati forniti consigli utili ed è stata sottolineata la facilità di seguire una simile dieta). I risultati dell'esperimento hanno confermato le nostre ipotesi. Infatti i messaggi con frame di perdita sono risultati più persuasivi di quelli con frame di guadagno ma solo per i partecipanti aventi un'alta autoefficacia: quest'ultimi a distanza di 3 settimane dalla somministrazione del messaggio persuasivo dimostravano un'effettiva riduzione dell'uso di sale nella loro dieta alimentare.

Per eventuali approfondimenti, si consiglia la lettura dell'articolo da cui è tratto questo post:
-Van't Riet, J., Ruiter, R., A., C., Smerecnik, C. e De Vries, H. (2010). Examining the influence of self-efficacy on message-framing effects: reducing salt consumption in the general populations. Basic and Applied Social Psychology, 32, pp. 165-172.

sabato 21 febbraio 2015

Raccomandare una risposta efficace al problema

Relativamente all'uso del fear appeal nella pubblicità di prevenzione, la psicologia ci dà un ultimo consiglio: la minaccia (threat appeal) deve accompagnarsi a una raccomandazione, ovvero al suggerimento di una risposta adeguata al problema evidenziato. Se la pubblicità suscita una forte emozione di paura senza però suggerire il comportamento da attuare in risposta alla minaccia, il messaggio persuasivo sarà inefficace. Basti pensare alla definizione di emozione fornita nel post introduttivo: l'emozione rappresenta una sorta di "suggeritore d'azione" che sostiene risposte adattative all'ambiente (Sherer, 1984). Diventa quindi necessario suggerire l'azione da intraprendere sulla spinta della paura, impedendo che essa rimanga fine a se stessa, diventando disfunzionale.
La Teoria della motivazione alla protezione elaborata da Rogers (1983) individua quattro fattori cognitivi che mediano in modo indipendente l'impatto del threat appeal sul coping (insieme di pensieri e atteggiamenti tesi a fare fronte alla situazione data):
  1. La percezione di gravità della minaccia, che dipende dalle credenze del fruitore sulla serietà e severità della minaccia;
  2. La percezione di probabilità della minaccia, che dipende dalle probabilità percepite dal fruitore di fare esperienza della minaccia; 
  3. La percezione dell'efficacia della risposta suggerita dalla pubblicità, che dipende da quanto il fruitore crede che la risposta prevenga effettivamente la minaccia;
  4. La percezione di autoefficacia rispetto alla risposta suggerita dalla pubblicità, ossia le credenze del fruitore circa le proprie capacità di mettere in atto tale risposta.
Secondo questo modello, la paura (fear appeal) scaturisce dai primi due fattori relativi alla minaccia (threat appeal) e, affinchè essa non causi il rifiuto del messaggio ma anzi motivi un comportamento adattativo in risposta a esso, il fruitore deve valutare la raccomandazione della pubblicità efficace e sentirsi a sua volta capace di effettuarla (ultimi due fattori: efficacy). Ne consegue che alti livelli di minaccia combinati insieme ad alti livelli di efficacia producono l'accetazione del messaggio; mentre alti livelli di minaccia accompagnati da bassi livelli di efficacia producono il suo rifiuto (Cauberghe, Pelsmacker, Janssens & Dens).

Prendiamo ad esempio la pubblicità analizzata nel precedente post sul servizio "114 Emergenza Infanzia". La minaccia è rappresentata dall'enfasi posta sulle conseguenze negative della violenza sui minori, sulle quali la vittima che fruisce lo spot è portata a riflettere. Successivamente la voce fuori campo suggerisce la risposta adeguata alla minaccia: invita a denunciare le violenze subite, telefonando al 114. Secondo la teoria di Rogers, il fruitore, motivato dalla paura delle ripercussioni dolorose delle violenze e valutando questa minaccia come grave e probabile, sarà persuaso a seguire il suggerimento di chiamare il 114, se lo giudicherà una risposta molto efficace al problema e se si riterrà altamente competente nell'azione suggerita. Dal momento che l'azione di chiamare il 114 potrebbe effettivamente far uscire il fruitore dalla sua condizione di vittima e dal momento che richiede capacità semplici, questo spot è potenzialmente caratterizzato da elevati livelli di efficacy che potrebbero determinarne la riuscita persuasiva.

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Caunerghe, V., De Pelsmacker, P., Jenssens, W., e Dens, D. (2009). Fear, threat and efficacy in threat appeals: message involvement as a key mediator to message acceptance. Accident Analysis and Prevention, 41, pp. 276-285.
- Rogers, R. (2983). Cognitive and physiological processes in fear appeals and attitude change: a revised theory of protection motivation. In: Cacioppo, J., T. e Petty, R., E. (Eds.), Social Psychophysiology. Guilford, New York, pp. 153-176.
- Scherer, K., R., e Schorr, A., e Johnstone, T. (2001). Appraisal process in emotion: Theory, methods, research. Oxford University Press, New York e Oxford.

venerdì 20 febbraio 2015

Esempio di un uso appropriato di fear appeal


La pubblicità di prevenzione che viene presa in analisi fa parte della campagna di informazione e sensibilizzazione del Telefono Azzurro, che intende promuovere il servizio "114 Emergenza Infanzia". Lo spot si rivolge innanzitutto a bambini e adolescenti vittime di violenza, i quali vengono invitati a segnalare la propria situazione chiamando il 114. In secondo luogo si appella agli spettatori di queste situazioni di emergenza, affinchè utilizzino il servizio reso disponibile dal Telefono Azzurro.
Guardando lo spot, risulta subito evidente come una delle intenzioni dei creatori sia proprio quella di emozionare: mosso dalla paura suscitata dalle espressioni emotive negative e dai segni di violenza riportati dai bambini, il fruitore viene persuaso a chiamare il 114 per uscire dalla propria condizione di vittima e impedire che la violenza continui a "lasciare il segno". Il punto di forza di questa pubblicità è rappresentato proprio dalla giusta calibrazione del fear appeal, che risulta elevato senza eccedere in livelli troppo alti. Attraverso l'applicazione di una griglia di analisi mi è stato possibile analizzare l'intensità della paura che viene elicitata.

L'emozione è contenuta soprattutto in forma di espressione emotiva. Innanzitutto le vittime che compaiono esibiscono espressioni facciali denotative di emozioni negative, quali la tristezza e la paura, ad eccezione dell'ultimo bambino sorridente. Inoltre queste emozioni traspaiono da altri comportamenti, quali lo sfregamento nervoso dei piedi, il gesto di strizzare gli occhi, stringere forte i pantaloni, muovere le labbra e deglutire. Tutte queste unità di comportamento rappresentano diverse reazioni emotive dei bambini alla propria condizione di vittima e vengono rappresentate al fine di spaventare riguardo agli effetti negativi della violenza perpetrata sui minori. L'elevato fear appeal che ne consegue non raggiunge livelli eccessivi per il fatto che sono presenti solo due antecedenti emotigeni: il livido sul braccio di un bambino e la spalla scoperta di un'altra bambina. Inoltre il fatto che la violenza non venga rappresentata nel suo compimento, ma evocata attraverso le sue visibili ripercussioni sui bambini, impedisce che la paura diventi tanto elevata da portare il fruitore ad allontanarsi dalla pubblicità, per lui troppo dolorosa.
Bisogna aggiungere che l'impatto emotivo delle immagini è incrementato da quello esercitato dall'audio che le accompagna. Esso è composto da suoni che evocano l'azione violenta subita dai bambini, come il rumore di una porta che sbatte, le palpitazioni di un cuore che batte e il rumore di una deglutizione. In conclusione viene confermata l'importanza -già trattata in un precedente post- di accompagnare la pubblicità con suoni o musiche congruenti con le emozioni che si intende elicitare.

Per eventuali approfondimenti, si faccia riferimento alle letture indicate nei due post precedenti.

giovedì 19 febbraio 2015

Quando i livelli di fear appeal non sono ben calibrati

Equipaggiati delle maggiori teorie sull'uso della paura nella pubblicità di prevenzione, siete pronti per analizzare con me due pubblicità che non calibrano nel modo opportuno il fear appeal. 
La prima pubblicità è un esempio di fear appeal troppo elevato. Si tratta della campagna pubblicitaria contro il fumo attuata in Italia attraverso i messaggi scritti sui pacchetti di sigarette che esplicitano i danni provocati dal fumo. Essi sono estremamente minacciosi; ne è un chiaro esempio la frase "Il fumo uccide", che richiama con forza il tema della morte. Ci sono buone probabilità che il fallimento di questa campagna sia proprio dovuto al fatto che il threat appeal e il fear appeal raggiungono livelli talmente elevati da indurre il soggetto a continuare a fumare, dimostrandosi capace di contrastare il terrore della morte (Taubman, Florian & Mikulincer, 2000)
Quante volte, del resto, abbiamo sentito un fumatore dire: "Ma figuriamoci se morirò per queste sigarette!! A me non succederebbe mai."? Capita anche di sentire argomentazioni di questo tipo: "Conosco persone che hanno fumato più di me e a 90 anni sono ancora vive!". Si tratta di argomentazioni auto persuasive tese a ridurre il cosiddetto stato di dissonanza cognitiva, che si genera dal confronto tra le azioni intraprese, come fumare, e la percezione di elevati livelli di rischio, comunicati per esempio da una pubblicità di prevenzione (Festinger, 1997). Viene quindi confermata l'importanza di non utilizzare messaggi troppo minacciosi (threat appeal) poichè la paura che ne consegue (fear appeal) potrebbe causare il rifiuto del messaggio a fini autoprotettivi.

La seconda pubblicità è invece un esempio di fear appeal troppo basso. Si tratta dello spot televisivo contro la violenza sulle donne promosso dal Ministero delle Pari Opportunità all'interno della campagna "Riconosci la violenza".
 

Un'analisi attenta dell'impatto emotivo dello spot, realizzata con l'opportuna griglia di analisi, rivela livelli estremamente bassi di fear appeal: non è presente nessun antecedente emotigeno e, tra le poche espressioni emotive presenti (16 su 30 secondi di video), alcune sono a valenza positiva (ai secondi 26 e 28 la donna sorride). Una ricerca condotta da me e alcune colleghe per il corso di Metodi e tecniche di analisi della comunicazione e dei processi cognitivi ha registrato bassissimi livelli di paura provati da soggetti cui è stato fatto vedere lo spot. Il dato è stato confermato dalla videoregistrazione e codifica delle loro espressioni facciali durante la visione della pubblicità: rispetto a quanto è accaduto in risposta a pubblicità a maggiore impatto emotivo, si registra una minore quantità di unità comportamentali prodotte nelle espressioni facciali dei fruitori. Questo è rivelativo di un'esperienza emotiva poco intensa.
L'inefficacia di un fear appeal così basso emerge dai dati raccolti attraverso un questionario che ha chiesto ai soggetti del nostro campione di scegliere quale tra gli spot visionati avrebbero selezionato per una campagna pubblicitaria. Lo spot della campagna "Riconosci la violenza" non è mai stato selezionato e ciò è in contrasto con il successo riscosso da uno spot concorrente ad alto livello di fear appeal. Questo suggerisce come moderare eccessivamente il livello di fear appeal può essere controproducente rispetto alle intenzioni persuasive (Witte, 1992; Roskos-Ewoldsen, Arpan-Ralstin & Pierre, 2000; Roskos-Ewoldsen & Rhodes, 2004)..

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le letture indicate nel precedente post e Festinger, L. (1997). Teoria della dissonanza cognitiva, Angeli, Milano.

mercoledì 18 febbraio 2015

Provare paura per aiutare se stessi

Assodato che le forti emozioni negative e l'empatia inducono ad aiutare gli altri, come bisogna emozionare per persuadere ad aiutare se stessi?


La foto vi fornisce la risposta: bisogna suscitare la paura nel fruitore della pubblicità. Oggi una delle strategie maggiormente utilizzate per cambiare l'atteggiamento e conseguentemente il comportamento del soggetto è elicitare la paura. A questo riguardo in psicologia viene fatta distinzione tra threat appeal e fear appeal, che potremmo considerare rispettivamente come l'antecedente emotigeno (l'emozione come contenuto della pubblicità) e la reazione emotiva (l'emozione come effetto della pubblicità). Il threat appeal è l'utilizzo della minaccia: il messaggio persuasivo enfatizza in modo forte e spesso scioccante le conseguenze negative di comportamenti dannosi o inappropriati al fine di motivare gli individui a modificare tali comportamenti (Witte, 1992). Il fear appeal è la risposta emotiva di paura alla minaccia.
Ma secondo quali livelli bisogna suscitare paura nel fruitore della pubblicità?
  1. Diversi studi hanno dimostrato che i messaggi persuasivi caratterizzati da livelli elevati di fear appeal sono più efficaci di quelli neutri nella modifica dell'atteggiamento e comportamento del fruitore. Infatti la paura comporta un coinvolgimento emotivo tale da favorire un'analisi attenta delle informazioni contenute nel messaggio (Witte, 1992). Inoltre gli atteggiamenti e i comportamenti connotati emozionalmente sono più accessibili dalla memoria e rappresentano apprendimenti più solidi rispetto a quelli che non sono basati su un'emozione (Roskos-Ewoldsen, Arpan-Ralstin & Pierre, 2000; Roskos-Ewoldsen & Rhodes, 2004).
  2. Tuttavia livelli troppo elevati di fear appeal provocano una reazione difensiva opposta: di fronte alla paura il fruitore, per autoproteggersi, mette in atto un comportamento di evitamento.  
Ce ne parlano Dillard e Shen (2005) nella loro Teoria della reattanza: suscitare paura secondo livelli troppo elevati è inefficace poiché le forti proibizioni vengono percepite come una minaccia alla propria libertà, che la persona tende a ristabilire mettendo in atto il comportamento sconsigliato e dimostrando così di potere "fare di testa sua". Un ulteriore contributo teorico a questa tesi è rappresentato dalla Teoria della gestione del terrore di Taubman, Florian e Mikulincer (2000): la paura, se troppo elevata, viene seguita dal comportamento maladattativo sconsigliato perchè i messaggi eccessivamente minacciosi rafforzano l’autostima del soggetto per essere capace di contrastare il terrore della morte.

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Dillard, J., P. e Shen, L. (2005). On the nature of reactance and its role in persuasive communication. Communication Monographs, 72 (2), pp. 144-168. 
- Roskos-Ewoldsen, D., R., Arpan-Ralstin, L., A. e  Pierre, J. (2000). Attitude accessibility and persuasion: the quick and the strong. In: Dillard, J., P. e Pfau, M. (Eds), Persuasion: Developments in Theory and Practice. Sage, Thousand Oask, CA, pp. 30-61.
- Roskos-Ewoldsen, D., R. e Rhodes, N. (2004). Fear appeal messages affect accessibility of attitudes toward the threat and adaptive behaviours. Communication Monographs, 71 (1), pp. 49-69.
- Taubman-Ben-Ari, O., Florian, V. e Mikulincer, M. (2000). Does a threat appeal moderate reckless driving? A terror managemente theory perspective. Accident Analysis and Prevention, 32, (1), pp. 1-10.
- Witte, K. (1992). Putting the fear back into fear appeals: the extended parallel processing model. Communication Monographs, 59 (4), pp. 329-349.