sabato 21 febbraio 2015

Raccomandare una risposta efficace al problema

Relativamente all'uso del fear appeal nella pubblicità di prevenzione, la psicologia ci dà un ultimo consiglio: la minaccia (threat appeal) deve accompagnarsi a una raccomandazione, ovvero al suggerimento di una risposta adeguata al problema evidenziato. Se la pubblicità suscita una forte emozione di paura senza però suggerire il comportamento da attuare in risposta alla minaccia, il messaggio persuasivo sarà inefficace. Basti pensare alla definizione di emozione fornita nel post introduttivo: l'emozione rappresenta una sorta di "suggeritore d'azione" che sostiene risposte adattative all'ambiente (Sherer, 1984). Diventa quindi necessario suggerire l'azione da intraprendere sulla spinta della paura, impedendo che essa rimanga fine a se stessa, diventando disfunzionale.
La Teoria della motivazione alla protezione elaborata da Rogers (1983) individua quattro fattori cognitivi che mediano in modo indipendente l'impatto del threat appeal sul coping (insieme di pensieri e atteggiamenti tesi a fare fronte alla situazione data):
  1. La percezione di gravità della minaccia, che dipende dalle credenze del fruitore sulla serietà e severità della minaccia;
  2. La percezione di probabilità della minaccia, che dipende dalle probabilità percepite dal fruitore di fare esperienza della minaccia; 
  3. La percezione dell'efficacia della risposta suggerita dalla pubblicità, che dipende da quanto il fruitore crede che la risposta prevenga effettivamente la minaccia;
  4. La percezione di autoefficacia rispetto alla risposta suggerita dalla pubblicità, ossia le credenze del fruitore circa le proprie capacità di mettere in atto tale risposta.
Secondo questo modello, la paura (fear appeal) scaturisce dai primi due fattori relativi alla minaccia (threat appeal) e, affinchè essa non causi il rifiuto del messaggio ma anzi motivi un comportamento adattativo in risposta a esso, il fruitore deve valutare la raccomandazione della pubblicità efficace e sentirsi a sua volta capace di effettuarla (ultimi due fattori: efficacy). Ne consegue che alti livelli di minaccia combinati insieme ad alti livelli di efficacia producono l'accetazione del messaggio; mentre alti livelli di minaccia accompagnati da bassi livelli di efficacia producono il suo rifiuto (Cauberghe, Pelsmacker, Janssens & Dens).

Prendiamo ad esempio la pubblicità analizzata nel precedente post sul servizio "114 Emergenza Infanzia". La minaccia è rappresentata dall'enfasi posta sulle conseguenze negative della violenza sui minori, sulle quali la vittima che fruisce lo spot è portata a riflettere. Successivamente la voce fuori campo suggerisce la risposta adeguata alla minaccia: invita a denunciare le violenze subite, telefonando al 114. Secondo la teoria di Rogers, il fruitore, motivato dalla paura delle ripercussioni dolorose delle violenze e valutando questa minaccia come grave e probabile, sarà persuaso a seguire il suggerimento di chiamare il 114, se lo giudicherà una risposta molto efficace al problema e se si riterrà altamente competente nell'azione suggerita. Dal momento che l'azione di chiamare il 114 potrebbe effettivamente far uscire il fruitore dalla sua condizione di vittima e dal momento che richiede capacità semplici, questo spot è potenzialmente caratterizzato da elevati livelli di efficacy che potrebbero determinarne la riuscita persuasiva.

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Caunerghe, V., De Pelsmacker, P., Jenssens, W., e Dens, D. (2009). Fear, threat and efficacy in threat appeals: message involvement as a key mediator to message acceptance. Accident Analysis and Prevention, 41, pp. 276-285.
- Rogers, R. (2983). Cognitive and physiological processes in fear appeals and attitude change: a revised theory of protection motivation. In: Cacioppo, J., T. e Petty, R., E. (Eds.), Social Psychophysiology. Guilford, New York, pp. 153-176.
- Scherer, K., R., e Schorr, A., e Johnstone, T. (2001). Appraisal process in emotion: Theory, methods, research. Oxford University Press, New York e Oxford.

venerdì 20 febbraio 2015

Esempio di un uso appropriato di fear appeal


La pubblicità di prevenzione che viene presa in analisi fa parte della campagna di informazione e sensibilizzazione del Telefono Azzurro, che intende promuovere il servizio "114 Emergenza Infanzia". Lo spot si rivolge innanzitutto a bambini e adolescenti vittime di violenza, i quali vengono invitati a segnalare la propria situazione chiamando il 114. In secondo luogo si appella agli spettatori di queste situazioni di emergenza, affinchè utilizzino il servizio reso disponibile dal Telefono Azzurro.
Guardando lo spot, risulta subito evidente come una delle intenzioni dei creatori sia proprio quella di emozionare: mosso dalla paura suscitata dalle espressioni emotive negative e dai segni di violenza riportati dai bambini, il fruitore viene persuaso a chiamare il 114 per uscire dalla propria condizione di vittima e impedire che la violenza continui a "lasciare il segno". Il punto di forza di questa pubblicità è rappresentato proprio dalla giusta calibrazione del fear appeal, che risulta elevato senza eccedere in livelli troppo alti. Attraverso l'applicazione di una griglia di analisi mi è stato possibile analizzare l'intensità della paura che viene elicitata.

L'emozione è contenuta soprattutto in forma di espressione emotiva. Innanzitutto le vittime che compaiono esibiscono espressioni facciali denotative di emozioni negative, quali la tristezza e la paura, ad eccezione dell'ultimo bambino sorridente. Inoltre queste emozioni traspaiono da altri comportamenti, quali lo sfregamento nervoso dei piedi, il gesto di strizzare gli occhi, stringere forte i pantaloni, muovere le labbra e deglutire. Tutte queste unità di comportamento rappresentano diverse reazioni emotive dei bambini alla propria condizione di vittima e vengono rappresentate al fine di spaventare riguardo agli effetti negativi della violenza perpetrata sui minori. L'elevato fear appeal che ne consegue non raggiunge livelli eccessivi per il fatto che sono presenti solo due antecedenti emotigeni: il livido sul braccio di un bambino e la spalla scoperta di un'altra bambina. Inoltre il fatto che la violenza non venga rappresentata nel suo compimento, ma evocata attraverso le sue visibili ripercussioni sui bambini, impedisce che la paura diventi tanto elevata da portare il fruitore ad allontanarsi dalla pubblicità, per lui troppo dolorosa.
Bisogna aggiungere che l'impatto emotivo delle immagini è incrementato da quello esercitato dall'audio che le accompagna. Esso è composto da suoni che evocano l'azione violenta subita dai bambini, come il rumore di una porta che sbatte, le palpitazioni di un cuore che batte e il rumore di una deglutizione. In conclusione viene confermata l'importanza -già trattata in un precedente post- di accompagnare la pubblicità con suoni o musiche congruenti con le emozioni che si intende elicitare.

Per eventuali approfondimenti, si faccia riferimento alle letture indicate nei due post precedenti.

giovedì 19 febbraio 2015

Quando i livelli di fear appeal non sono ben calibrati

Equipaggiati delle maggiori teorie sull'uso della paura nella pubblicità di prevenzione, siete pronti per analizzare con me due pubblicità che non calibrano nel modo opportuno il fear appeal. 
La prima pubblicità è un esempio di fear appeal troppo elevato. Si tratta della campagna pubblicitaria contro il fumo attuata in Italia attraverso i messaggi scritti sui pacchetti di sigarette che esplicitano i danni provocati dal fumo. Essi sono estremamente minacciosi; ne è un chiaro esempio la frase "Il fumo uccide", che richiama con forza il tema della morte. Ci sono buone probabilità che il fallimento di questa campagna sia proprio dovuto al fatto che il threat appeal e il fear appeal raggiungono livelli talmente elevati da indurre il soggetto a continuare a fumare, dimostrandosi capace di contrastare il terrore della morte (Taubman, Florian & Mikulincer, 2000)
Quante volte, del resto, abbiamo sentito un fumatore dire: "Ma figuriamoci se morirò per queste sigarette!! A me non succederebbe mai."? Capita anche di sentire argomentazioni di questo tipo: "Conosco persone che hanno fumato più di me e a 90 anni sono ancora vive!". Si tratta di argomentazioni auto persuasive tese a ridurre il cosiddetto stato di dissonanza cognitiva, che si genera dal confronto tra le azioni intraprese, come fumare, e la percezione di elevati livelli di rischio, comunicati per esempio da una pubblicità di prevenzione (Festinger, 1997). Viene quindi confermata l'importanza di non utilizzare messaggi troppo minacciosi (threat appeal) poichè la paura che ne consegue (fear appeal) potrebbe causare il rifiuto del messaggio a fini autoprotettivi.

La seconda pubblicità è invece un esempio di fear appeal troppo basso. Si tratta dello spot televisivo contro la violenza sulle donne promosso dal Ministero delle Pari Opportunità all'interno della campagna "Riconosci la violenza".
 

Un'analisi attenta dell'impatto emotivo dello spot, realizzata con l'opportuna griglia di analisi, rivela livelli estremamente bassi di fear appeal: non è presente nessun antecedente emotigeno e, tra le poche espressioni emotive presenti (16 su 30 secondi di video), alcune sono a valenza positiva (ai secondi 26 e 28 la donna sorride). Una ricerca condotta da me e alcune colleghe per il corso di Metodi e tecniche di analisi della comunicazione e dei processi cognitivi ha registrato bassissimi livelli di paura provati da soggetti cui è stato fatto vedere lo spot. Il dato è stato confermato dalla videoregistrazione e codifica delle loro espressioni facciali durante la visione della pubblicità: rispetto a quanto è accaduto in risposta a pubblicità a maggiore impatto emotivo, si registra una minore quantità di unità comportamentali prodotte nelle espressioni facciali dei fruitori. Questo è rivelativo di un'esperienza emotiva poco intensa.
L'inefficacia di un fear appeal così basso emerge dai dati raccolti attraverso un questionario che ha chiesto ai soggetti del nostro campione di scegliere quale tra gli spot visionati avrebbero selezionato per una campagna pubblicitaria. Lo spot della campagna "Riconosci la violenza" non è mai stato selezionato e ciò è in contrasto con il successo riscosso da uno spot concorrente ad alto livello di fear appeal. Questo suggerisce come moderare eccessivamente il livello di fear appeal può essere controproducente rispetto alle intenzioni persuasive (Witte, 1992; Roskos-Ewoldsen, Arpan-Ralstin & Pierre, 2000; Roskos-Ewoldsen & Rhodes, 2004)..

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le letture indicate nel precedente post e Festinger, L. (1997). Teoria della dissonanza cognitiva, Angeli, Milano.

mercoledì 18 febbraio 2015

Provare paura per aiutare se stessi

Assodato che le forti emozioni negative e l'empatia inducono ad aiutare gli altri, come bisogna emozionare per persuadere ad aiutare se stessi?


La foto vi fornisce la risposta: bisogna suscitare la paura nel fruitore della pubblicità. Oggi una delle strategie maggiormente utilizzate per cambiare l'atteggiamento e conseguentemente il comportamento del soggetto è elicitare la paura. A questo riguardo in psicologia viene fatta distinzione tra threat appeal e fear appeal, che potremmo considerare rispettivamente come l'antecedente emotigeno (l'emozione come contenuto della pubblicità) e la reazione emotiva (l'emozione come effetto della pubblicità). Il threat appeal è l'utilizzo della minaccia: il messaggio persuasivo enfatizza in modo forte e spesso scioccante le conseguenze negative di comportamenti dannosi o inappropriati al fine di motivare gli individui a modificare tali comportamenti (Witte, 1992). Il fear appeal è la risposta emotiva di paura alla minaccia.
Ma secondo quali livelli bisogna suscitare paura nel fruitore della pubblicità?
  1. Diversi studi hanno dimostrato che i messaggi persuasivi caratterizzati da livelli elevati di fear appeal sono più efficaci di quelli neutri nella modifica dell'atteggiamento e comportamento del fruitore. Infatti la paura comporta un coinvolgimento emotivo tale da favorire un'analisi attenta delle informazioni contenute nel messaggio (Witte, 1992). Inoltre gli atteggiamenti e i comportamenti connotati emozionalmente sono più accessibili dalla memoria e rappresentano apprendimenti più solidi rispetto a quelli che non sono basati su un'emozione (Roskos-Ewoldsen, Arpan-Ralstin & Pierre, 2000; Roskos-Ewoldsen & Rhodes, 2004).
  2. Tuttavia livelli troppo elevati di fear appeal provocano una reazione difensiva opposta: di fronte alla paura il fruitore, per autoproteggersi, mette in atto un comportamento di evitamento.  
Ce ne parlano Dillard e Shen (2005) nella loro Teoria della reattanza: suscitare paura secondo livelli troppo elevati è inefficace poiché le forti proibizioni vengono percepite come una minaccia alla propria libertà, che la persona tende a ristabilire mettendo in atto il comportamento sconsigliato e dimostrando così di potere "fare di testa sua". Un ulteriore contributo teorico a questa tesi è rappresentato dalla Teoria della gestione del terrore di Taubman, Florian e Mikulincer (2000): la paura, se troppo elevata, viene seguita dal comportamento maladattativo sconsigliato perchè i messaggi eccessivamente minacciosi rafforzano l’autostima del soggetto per essere capace di contrastare il terrore della morte.

Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Dillard, J., P. e Shen, L. (2005). On the nature of reactance and its role in persuasive communication. Communication Monographs, 72 (2), pp. 144-168. 
- Roskos-Ewoldsen, D., R., Arpan-Ralstin, L., A. e  Pierre, J. (2000). Attitude accessibility and persuasion: the quick and the strong. In: Dillard, J., P. e Pfau, M. (Eds), Persuasion: Developments in Theory and Practice. Sage, Thousand Oask, CA, pp. 30-61.
- Roskos-Ewoldsen, D., R. e Rhodes, N. (2004). Fear appeal messages affect accessibility of attitudes toward the threat and adaptive behaviours. Communication Monographs, 71 (1), pp. 49-69.
- Taubman-Ben-Ari, O., Florian, V. e Mikulincer, M. (2000). Does a threat appeal moderate reckless driving? A terror managemente theory perspective. Accident Analysis and Prevention, 32, (1), pp. 1-10.
- Witte, K. (1992). Putting the fear back into fear appeals: the extended parallel processing model. Communication Monographs, 59 (4), pp. 329-349.

martedì 17 febbraio 2015

Dalla teoria alla pratica!


Se nel precedente spot abbiamo passato in rassegna i principali fondamenti teorici alla base dell'uso appropriato delle emozioni nella pubblicità prosociale, oggi ne vedremo una concreta applicazione. Si tratta di un audiovisivo sulla violenza sui minori che ho progettato e prodotto in collaborazione con alcune colleghe, durante il corso di Psicologia della comunicazione per il benessere. E' l'esito di una situazione simulata in cui abbiamo soddisfatto i bisogni di un ipotetico committente, il Telefono Azzurro, realizzando uno spot destinato a essere messo in rete attraverso il canale Youtube, nonchè il sito Internet e la pagina Facebook del Servizio Emergenza Infanzia 114 del Telefono Azzurro, promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità.
L’intenzione primaria dello spot è emozionare secondo un’intensità mediamente elevata. Questo al fine di accedere alla coscienza del soggetto attraverso una porta emotiva dalla quale prenda avvio una riflessione sulla situazione problematica portata in evidenza, la congruente empatia e una conseguente decisione d’aiuto (Bagozzi e Moore, 1994). In particolare, le emozioni che si è scelto di elicitare sono la tenerezza, la paura, la tristezza e la rabbia, quest'ultima prodotta in risposta al comportamento evitante della donna, spettatrice della violenza sul minore. Attraverso appositi questionari somministrati ai fruitori, gli effetti emotivi desiderati sono stati confermati.

Questo obiettivo è stato raggiunto grazie alla creazione di appropriati antecedenti emotigeni ed espressioni emotive dei protagonisti. I primi sono rappresentati dal livido, dalla fasciatura e dalle parti nude del corpo del bambino, nonchè dall'abbassamento dello sguardo della donna di fronte a lui; le seconde sono rappresentate dall'espressione triste del bambino e da quella indifferente e in seguito spaventata e arrabbiata della donna, spettatrice degli effetti della violenza perpetrata sul minore. È stata data particolare attenzione a non raggiungere un eccessivo livello di impatto emotivo in quanto può portare a reazioni di difesa ed evitamento del problema, perché troppo doloroso. Per ovviare a questo pericolo abbiamo deciso di non rappresentare l’atto di violenza ma di farlo emergere indirettamente dallo stato di trascuratezza, dal livido all’occhio e dalla fasciatura del bambino e infine dal suono dell’ambulanza, che annuncia il peggio. 
Rispetto al suono dell'ambulanza, è bene ricordare che le emozioni possono scaturire non soltanto in risposta a delle immagini, ma anche in risposta a stimoli uditivi. Perciò diventa importante curare l'audio della pubblicità, componendolo di suoni e musiche congruenti con le immagini e le emozioni che si intende elicitare. In questo caso è stata selezionata una musica dai toni lenti e tristi affinchè incrementasse il coinvolgimento emotivo del fruitore.
Infine non è casuale la scelta di un bambino bello ad interpretare la vittima: la bellezza del protagonista della pubblicità esercita attrattività sul fruitore, predisponendolo positivamente verso la vittima. Questo processo favorisce la reazione empatica nei confronti della vittima, necessaria affinchè il fruitore decida di aiutarla. Ne consegue l'importanza di selezionare attori che siano belli.
Sebbene l'audio-visivo sia opinabile da un punto di vista formale -la scarsa qualità del video dipende dalla mancanza delle opportune strumentazioni tecniche-, la sua progettazione può essere un buon esempio del ruolo svolto dall'uso consapevole e accorto della dimensione emotiva nella comunicazione sociale.

Per eventuali approfondimenti, si faccia riferimento alle letture indicate nel precedente post.