Con oggi giungiamo al
cuore della questione: come bisogna utilizzare l’emozione per indurre le
persone ad aiutare gli altri?
Bagozzi e Moore (1994)
hanno elaborato una teoria psicologica per rispondere a questa domanda. Essi fanno appello alla
teoria delle emozioni di Lazarus (1991), che è particolarmente
applicabile agli effetti emotivi sulle risposte di aiuto suscitati dalle
pubblicità. Lazarus afferma che il processo emotivo prevede queste diverse
fasi: appraisal, risposta emozionale
e coping. L’appraisal viene distinto
in appraisal primario -la valutazione dell’evento rispetto alla sua rilevanza
per l’organismo o lo scopo da raggiungere- e appraisal secondario –la
valutazione che predispone ad agire emotivamente allo stimolo-. L’appraisal può
esitare in tre diverse risposte: la preparazione all’azione, le risposte
psicologiche e l’emozione soggettiva. Per quanto concerne quest’ultima, in base
al tipo di emozione esperita, sono possibili due diverse tipologie di coping
(insieme di pensieri e atteggiamenti tesi a fare fronte alla situazione data): quello
focalizzato sul problema e quello focalizzato sull’emozione. C’è motivo di
credere che l’appraisal sia un processo inconsapevole che agisce nelle
pubblicità ad alto impatto emotivo che suscitano emozioni negative quali paura,
rabbia e tristezza. Queste ultime innescherebbero due reazioni di coping: l’empatia
e la decisione d’aiuto.
Bagozzi e Moore (1994)
ipotizzano la seguente sequenza di eventi: pubblicità prosociali ad alto impatto emotivo -> emozioni negative -> empatia ->
decisione d’aiuto. La paura, la rabbia e la tristezza, se ad alta
intensità, porterebbero l’attenzione del fruitore sulla vittima e questo
favorirebbe l’immedesimazione empatica. Mosso a compassione, pietà e dispiacere,
il soggetto sarebbe motivato alla decisione d’aiuto. Infatti per arrivare a
decidere di aiutare bisogna provare empatia, che consiste nella consapevolezza
della condizione bisognosa dell’altro e nell’urgenza ad aiutarlo: non è
sufficiente assistere alla gravità del fatto, ma è necessario mettersi nei panni
dell’altro. Quindi secondo questa prospettiva, in linea con le teorie
dell’appraisail, le emozioni negative portano il fruitore a rispondere
empaticamente e questo ad aiutare l’altro.
Una spiegazione alternativa è che le pubblicità inducano immediatamente all’empatia senza la mediazione delle emozioni negative secondo il seguente ordine: pubblicità prosociali ad alto impatto emotivo -> empatia -> decisione d'aiuto. Una seconda ipotesi è che le emozioni negative abbiano un effetto diretto sulla decisione all’aiuto non mediato dall’empatia: le persone aiutano gli altri solo per alleviare il proprio disagio, cioè per attenuare le emozioni negative quali rabbia, tristezza e paura suscitate dalla visione della pubblicità (Cialdini, Baumann & Kenrick, 1981). In questo caso il focus non è sull’altro ma su se stessi; le emozioni negative motiverebbero all’aiuto in modo egoistico secondo la seguente sequenza: pubblicità prosociali ad alto impatto emotivo -> emozioni negative -> decisione d’aiuto.
Una spiegazione alternativa è che le pubblicità inducano immediatamente all’empatia senza la mediazione delle emozioni negative secondo il seguente ordine: pubblicità prosociali ad alto impatto emotivo -> empatia -> decisione d'aiuto. Una seconda ipotesi è che le emozioni negative abbiano un effetto diretto sulla decisione all’aiuto non mediato dall’empatia: le persone aiutano gli altri solo per alleviare il proprio disagio, cioè per attenuare le emozioni negative quali rabbia, tristezza e paura suscitate dalla visione della pubblicità (Cialdini, Baumann & Kenrick, 1981). In questo caso il focus non è sull’altro ma su se stessi; le emozioni negative motiverebbero all’aiuto in modo egoistico secondo la seguente sequenza: pubblicità prosociali ad alto impatto emotivo -> emozioni negative -> decisione d’aiuto.
In una posizione di
mezzo e condivisa in tempi più recenti si trova lo psicologo Daniel Batson
(1987), che afferma che l’aiuto è suscitato tanto dalle emozioni negative
(componente egoistica) quanto dall’empatia (componente altruistica
disinteressata). Congruentemente alla sua prospettiva, Bagozzi e Moore (1994) hanno
condotto uno studio sulle pubblicità ad alto impatto emotivo contro l’abuso dei
bambini. Ciò che è emerso è che coloro che vengono esposti alle pubblicità a
forte impatto emotivo sperimentano livelli maggiori di emozioni negative, empatia
e decisione d’aiuto rispetto a chi viene esposto a pubblicità a basso impatto
emotivo.
Per eventuali approfondimenti, si consigliano le seguenti letture:
- Bagozzi, R., P. e Moore, D., J. (1994). Public service advertisement: Emotions and empathy guide prosocial behavior. Journal of Marketing, 58, pp. 56-70.
- Bagozzi, R., P. e Moore, D., J. (1994). Public service advertisement: Emotions and empathy guide prosocial behavior. Journal of Marketing, 58, pp. 56-70.
- Batson, C., D. (1987). Prosocial motivation: is it ever truly altruistic? In Advances in Experimental Social Psychology, 20, Berkowitz, L., ed. New York: Academic Press, pp. 65-122.
- Cialdini, R., B. e Baumann, D., J. e Kenrick, D., T. (1981). Insights from sadness: a three-step model of the development of altruism as hedonism. Developmental Review, 1, pp. 207-2023.
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